[…] La riparazione mariana, intesa come atto di omaggio compensativo delle ingiurie rivolte alla Madonna, sebbene abbia qualche inizio già nel secolo X, si sviluppa soprattutto a partire dal secolo XIX. Indubbiamente Maria, orientata com’è a Dio, vuole che la riparazione abbia come oggetto i peccati in quanto sono offesa a Dio e ingratitudine verso il suo amore infinito.
Tuttavia ella non può essere insensibile alle bestemmie e all’indifferenza nei suoi riguardi, a ciò che le impedisce di esercitare il suo ruolo mediatore di un più intimo e perseverante incontro con Cristo. Se nelle apparizioni si è mostrata triste, ciò significa che la sua condizione glorificata coesiste con un certo dolore, difficile a spiegare, dovuto alla non ancora avvenuta glorificazione di tutti i suoi figli e ancor più alla loro infedeltà all’alleanza d’amore con Dio. Pertanto è legittimo entrare in rapporto personale con la Vergine, consolandola e compensandola in qualche modo per quella proclamazione di beatitudine e di lode che le viene negata. Forse non solo i mistici sono capaci di mettersi in sintonia con queste realtà e di percepirle; in ogni caso sono i cuori sensibili e delicati a comprendere e ad attuare le esigenze riparatrici.
Ogni cristiano che ami il suo Signore fino al sacrificio, sull’esempio di Maria Santissima, traccia nel mondo del potere, della dominazione e dell’odio la via più bella e necessaria alla società attuale: quella stessa percorsa da Cristo e da sua Madre.
Giuseppe Daminelli
Tratto dalla Rivista “Madre di Dio” – gennaio 2010
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Il linguaggio dei mistici
Se vogliamo evitare l’incomprensione e sovente addirittura la persecuzione dei mistici, bisogna riconoscere che il loro linguaggio non ha il più delle volte un senso analogico o iperbolico.
Infatti, per esprimere le loro esperienze divine, i mistici devono ricorrere a parole che normalmente adoperano per esprimere le cose naturali. Senonchè queste parole sono incapaci ad esprimere in modo adeguato le realtà soprannaturali che sono ineffabili. Quando i mistici esprimono le loro esperienze spirituali, non si deve dare alle loro espressioni un senso materiale e assoluto, altrimenti si potrebbero attribuire a loro degli errori teologici e addirittura eresie, che sono in realtà completamente fuori dai loro pensieri.
I mistici vivono in una grande intimità con Dio e percepiscono profondamente la distanza che li separa dall’infinita Santità di Dio, cioè che è normalmente sufficiente per mantenerli nell’umiltà.
I mistici intendono esprimere dei misteri piuttosto che dei ragionamenti.
Per non considerarli come degli stravaganti, bisogna avere al semplicità dello Spirito d’Amore. I termini mistici non sarebbero più veri se si prendessero alla lettera come teologia ordinaria:
“L’intelligenza passa da un vocabolario concettuale ad un altro, come passa dal latino, al cinese o all’arabo”, scriveva Jacque Maritain. Certo che se, ascoltando o leggendo i mistici, si tenesse conto di queste osservazioni si eviterebbero molte e gravi ingiustizie a loro riguardo.
I mistici sono dei parafulmini spirituali per la Chiesa e per il mondo: essi meritano un trattamento ben differente di quello di cui sovente rimangono vittime.
Père Ovila Melançon
Da Chretiens Magazine Uin ‘98