Il Deserto, la Tentazione del Pane e l’Etica del Bene Comune oggi
La Parola di Dio della 1a Domenica di Quaresima ci porta nel deserto, luogo dell’incontro e
dell’intimità con Dio, ma anche luogo della lotta suprema con il tentatore. Ciò che ci colpisce nel
brano evangelico è proprio la realtà della tentazione e del tentatore che ci insidia e trova in noi
complicità, sebbene la cosiddetta “cultura dell’innocenza” di oggi ci fa credere che non abbiamo
bisogno di essere salvati, perché non siamo né peccatori né figli prodighi. Siamo liberi e
possiamo fare ciò che ci pare e piace. Il termine “peccato”? Secondo la cosiddetta “psicologia
costruttiva”, va eliminato dal vocabolario, perché traumatizza i bambini e li rende schiavi di una
mentalità ormai superata.
Il Padre di ogni menzogna e omicidio innalzato a eroe
E il diavolo? L’accusatore o Satana o il demonio (“angelo caduto”)? È diventato un “eroe” esaltato e
innalzato a struggente modello negativo che fa presa sugli adolescenti. Guardiamoci intorno:
film che propongono demoni e indemoniati, best-seller che coinvolgono esorcisti di fama,
musica di genere che veicola espliciti messaggi violenti e satanici… Il diavolo attira, affascina,
suscita curiosità e interesse, spaventa e inquieta, fa vendere, e tranquillizza le coscienze.
L’eccessiva attenzione al demonio paradossalmente lo favorisce e, quel che è peggio, stravolge
la biblica visione sulla tentazione.
Il rischio che corriamo
Caricando di smodata importanza il male, a scapito del bene, rischiamo di
deresponsabilizzare la coscienza e la scelta personale. E questo succede anche nella Chiesa,
nel suo insieme, e con le migliori intenzioni. Tre sono state le tentazioni o le seduzioni vissute da Gesù e da queste tre derivano tutte le altre, anche quelle dei nostri tempi.
La tentazione del Pane e l’etica del bene comune
La prima tentazione di Gesù nel deserto, presentataci dal Vangelo, è quella del “pane”. Con la
crisi-truffa di portata epocale che stiamo vivendo, ci si accorge che avevano ragione i discepoli
di San Francesco d’Assisi: per risolvere i problemi e uscire dalla cosiddetta crisi, bisogna
chiamare in causa la cultura dell’essere. Alla logica dell’avere dell’«uomo economico», il
francescano propone una logica diversa, con un’etica dell’attenzione efficace per l’altro, l’etica
del bene comune, della condivisione, della solidarietà. La cultura idolatra dell’avere è frutto di
una povertà spirituale, che si è estesa nella sfera materiale. Il cuore è diventato duro come
pietra, insensibile ai bisogni dell’altro, capace di dire all’altro che deve provvedere a se stesso
senza il nostro aiuto. «Se sei Figlio di Dio, dì che questi sassi diventino pane» (Mt 4,3). Se
ascoltiamo la Parola che esce dalla bocca del Signore: «Non di solo pane vivrà l’uomo, ma di
ogni parola che esce dalla bocca di Dio» (Mt 4,4), e poniamo l’uomo al centro di ogni
legislazione, la benedizione di Dio si estenderà su tutte le nazioni. Ci sarà il pane per tutti,
perché verrà fuori la vera natura dell’uomo: la sua capacità di spezzare il pane… Altrimenti
rimarrà davvero povero, sebbene con un ricco conto in banca, eleganti case, costose macchine,
frequentazioni di località alla moda, ma senza la dignità, la moralità e il rispetto dell’altro,
depauperato della capacità di impegnarsi per una società più giusta, equa e riconciliata.
Povero è chi ha elevato il denaro a unico Dio
Povero è chi ha elevato il denaro a unico Dio. Ricco invece è chi, ridimensionando il peso e il
valore del denaro, sa essere compagno, amico, confidente, calda presenza per le persone che
si trovano in difficoltà. In questi nuovi concetti di povertà e di ricchezza che frate Francesco ha
scolpito anche per noi, potremo rifondare noi stessi e dare il nostro contributo per un domani
migliore per noi e per tutti.
Dietro la tentazione del potere
La seconda tentazione è quella del “potere”. Il potere di questo mondo è vissuto come
autoaffermazione, dominio, comando, prevalere sull’altro. E ben lontano dal potere come lo intende Dio. Il potere per Dio è servizio, ministero, dono di sé. Inteso secondo la logica di
questo mondo, il potere è un idolo, da cui è difficile staccarsi una volta conquistato. Sarebbe un
grave errore pensare di associare il potere solo alla politica. Esso è radicato in tutti gli ambiti
della vita. Un esempio di potere distorto è quello esercitato sul lavoro quando s’impedisce
all’altro di farlo esprimere, per timore di essere scavalcati nella carriera… La terza ed ultima
tentazione è quella della manipolazione delle relazioni per il proprio interesse, della
“sperimentazione” e della “spettacolarizzazione”. Gesù vuole fare il Messia, ma come pensa di
fare se non entra in relazione con i potenti del tempo, se non media, se non cede a
compromessi? Come può farlo senza un’organizzazione o una struttura efficiente? Ciò che
nasconde questa tentazione è, nuovamente, la logica dell’avere, del profitto, del tornaconto,
della bramosia. Il demonio insinua l’idea che il fine giustifica i mezzi: se è possibile allearsi col
potere, usare le relazioni, le amicizie, le logiche dei favori ricevuti e da restituire, perché farsele
fuggire? I regni di questo mondo cercano sempre di ammaliare, di convincere, di meravigliare,
ostentando potere, ricchezza, fama, gloria, dominio. Farne un idolo è un errore folle, dalle
conseguenze imprevedibili, eppure già storicamente sperimentate.
Sperimentazioni sull’embrione, diffusione degli OGM, ricerca sull’eugenetica ed esperimenti
nucleari, che non si pongono alcun limite etico, ne sono solo un esempio.
La spettacolarizzazione del quotidiano
La spettacolarizzazione è una tentazione molto diffusa ai nostri tempi. Qualunque momento
della nostra vita sembra che debba essere filmato o fotografato per avere la sua importanza. Su
Youtube troviamo tanti video, dove vengono ripresi episodi ordinari di vita quotidiana. Tramite
Facebook, sono portate ad una platea pubblica molte rappresentazioni di carattere privato. Per
combattere la tentazione della spettacolarizzazione, il migliore rimedio è proprio la semplicità
dell’essere, dove scopriamo di essere sempre sotto lo sguardo di un Dio amorevole ed
affettuoso che considera di grande valore ogni nostro piccolo gesto quotidiano.
La Deformazione della verità
Tutte e tre le seduzioni non negano la verità – Gesù è il Figlio di Dio – ma la deformano fino a
dare i connotati del potere: su Dio (la protezione), sugli uomini (il regno), sulle cose (i sassi).
Sono le stesse seduzioni che ci sollevano da ogni limite e confondono l’agire. Perso il senso del rispetto e sopraffatti da appetiti insaziabili, siamo diventati capaci di violentare anche la natura,
di trasformarla a nostro vantaggio, mentre ci troviamo in difficoltà ad arginare i disastri che
abbiamo combinato. Vogliamo cogliere il mistero della vita per decidere come nascere e morire
o come apparire. A nostro servizio abbiamo assoggettato anche Dio, supponendo di disporre, a
nostro piacimento, della sua onnipotenza. E quando lo mettiamo in mezzo e ci facciamo potenti
sugli altri, nasce la violenza integralista, il fanatismo, il razzismo, l’annientamento dell’altro. Il
mondo si fa egocentrico e tutto – il buono, il vero e il bello – è misurato col nostro sentire.
L’Importanza del Deserto… per tornare alla realtà delle cose
Non siamo marionette: siamo uomini dotati d’intelligenza e volontà. L’opera del maligno, che
esiste ed è meno goffo e caricaturale di come ce lo immaginiamo, consiste esattamente
nell’intorbidire le acque, nel girare la frittata, nell’ingigantire il particolare a scapito della visione
d’insieme, nello sminuire o offuscare le conseguenze catastrofiche delle nostre scelte. In fin dei
conti, non dobbiamo scomodare il demonio per le nostre tentazioni, perché siamo capaci di
metterci nei guai da soli! Non è facile – lo sappiamo bene – soprattutto se abbiamo scelto di
dare una mano, se stiamo in mezzo alle cose, se ci attiviamo per cambiarle: nella Parrocchia,
nel quartiere, a scuola… Con il Signore possiamo farcela, senza esigere nulla da nessuno,
"vivendo" autenticamente. Ecco, perché abbiamo bisogno del deserto, di un luogo
"asciutto", tanto asciutto da non esserci acqua, per riportarci alla realtà nella quale
viviamo. È nel deserto viene Gesù a consegnarci di nuovo la dignità e la natura di figli che
abbiamo perduto e stiamo perdendo.
Padre Piotr Anzulewicz (Copyright © 2014 Qui Europa)
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