La mariologia unisce o divide i cristiani? La risposta a questo interrogativo richiede una premessa. Il traguardo della piena unità dei cristiani non deve portare a una piatta uniformità, ma piuttosto all’integrazione d’ogni legittima diversità in un’organica comunione, della quale il Papa è chiamato ad essere il servitore e garante. Questo è il pensiero di Giovanni Paolo II sull’ecumenismo ed è proprio lui che ha attribuito a Maria SS. il nuovo titolo “Madre dell’Unità” dei cristiani.

“… Cari figli, stringetevi intorno a Me, Madre dell’Unità. Pregate con Me, cari figli, in questo tempo in cui l’appello all’unione della Chiesa si fa insistente. Tu vedi, figlia Mia, come il Mio Messaggio si sta diffondendo in molte parti del mondo e per mezzo di esso richiamerò i cuori degli uomini alla vera Unità.

Il perfetto cammino dell’Unità è nella Chiesa, la quale lo vive attraverso l’azione rigenerante dei Sacramenti…” (23.01.1999)

Donde sgorga questo nuovo nome della Vergine per una realtà antica quanto è il cristianesimo? Due ci sembrano le sorgenti: prima, la devozione di spicco che Papa Wojtyla ha nutrito per la Madonna in tutta la sua vita.

Fra le prove dell’amore del Papa per Maria, oltre i documenti solenni, come l’enciclica Redemptoris Mater, o l’immancabile pellegrinaggio mariano, con relativo discorso, a qualche santuario in tutti i paesi che egli ha visitato nei suoi viaggi all’estero, ci piace citare qualche particolare poetico: un mosaico, alto sul palazzo apostolico romano, che riproduce l’effigie della Vergine Madre, e la Msignificativamente inserita nello stemma pontificio.

Seconda sorgente è la passione con la quale il Papa s’è dedicato all’ecumenismo da lui dichiarato “priorità del mio pontificato”. La testimonia la prima enciclica ecumenica Ut unum sint accompagnata da altri documenti come le lettere apostoliche a Orientale Lumen, ed altre due che commemorano l’Unione di Brest-Litovsk e di Uzhorod, cioè due storiche adesioni orientali alla sede romana, la prima 400 e la seconda 350 anni fa.

I documenti ecumenici di Giovanni Paolo II sono impregnati di luce mariana; in essi qua e là si fanno espliciti cenni alla Madonna, assertori della presenza di Maria nel movimento ecumenico. Già nell’enciclica del 25 marzo 1987 dedicata alla Madonna il Papa traeva buoni auspici ecumenici dalla constatazione che varie Chiese e comunità ecclesiali convenissero con la Chiesa cattolica a proposito della Vergine Madre (n.30). Nell’enciclica Ut Unum Sint dopo aver affermato che la Chiesa domanda allo Spirito la grazia di rafforzare la sua propria unità e di farla crescere verso la piena comunione con gli altri cristiani, Giovanni Paolo II si chiede: “Come ottenerla?”. Egli risponde: con la preghiera, con l’azione di grazie, con la speranza. E continua: “E se volessimo chiederci se tutto ciò è possibile, la risposta sarebbe sempre: sì. La stessa risposta udita da Maria di Nazareth, perché nulla è impossibile a Dio” (n. 102).

L’affermazione papale ecumenica è biblica, soprannaturale, spirituale e mariana. Tra gli argomenti da approfondire per raggiungere un vero consenso di fede il Papa indica “la Vergine Maria, Madre di Dio e icona della Chiesa, Madre spirituale che intercede per i discepoli di Cristo e tutta l’umanità” (n.79). Questa presenza mariana nell’ecumenismo pontificio emerge anche dalla Orientale Lumen“Tra questi (i santi) un posto tutto particolare occupa la Vergine Maria, dalla quale è germogliato il virgulto di Jesse. La sua figura è non solo la Madre che ci attende, ma la Purissima che – realizzazione di tante prefigurazioni veterotestamentarie – è icona della Chiesa, simbolo e anticipo dell’umanità trasfigurata dalla grazia, modello e sicura speranza per quanti muovono i loro passi verso la Gerusalemme del cielo” (n. 6).

Il Direttorio per l’applicazione dei principi e delle norme sull’ecumenismo, emanato nel 1993 dal Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani non ricorda mai la memoria della Beata Vergine Maria; ma la data in cui il Papa l’ha firmato è la festa dell’Annunciazione. Certo la radice più profonda del titolo “Madre dell’Unità” che Giovanni Paolo II ha attribuito alla Vergine sta nell’episodio che Giovanni racconta nel capo 19, 25 – 27 del suo Vangelo, nella duplice consegna: del discepolo prediletto a Maria, e della Madre all’apostolo più giovane. Il passo citato va letto in profondità, cioè deve superare l’aspetto del racconto d’un fatto di famiglia in cui un affetto molto caro (che si è costretti a lasciare) viene affidato a una persona di fiducia. Bisogna leggere l’episodio di Maria e Giovanni ai piedi della croce con maggiore profondità, cioè teologicamente, in conformità con la natura mistica dell’evangelista.

Giovanni, quando scrive della Vergine-Madre, adopera parole diverse. Se riporta il termine con cui Gesù si rivolge alla mamma, usa la parola gynai, “donna”, appellativo nobilissimo. Così avviene a Cana (2, 4) contro ogni costume sociale ebraico, e sotto la croce (19, 26). Invece, nella narrazione di ciò che accade sotto la croce di Gesù, Maria per due volte viene detta in modo assoluto ê mêtêr, “la madre”. Cioè viene sottolineata la maternità della Madonna nei riguardi del popolo di Dio, e messo in rilievo il compimento della sua vocazione ad essere la Madre per eccellenza, figura della Chiesa-Madre, che sarà Madre di tutti i fedeli.

Giovanni accoglie “la Madre” ecclesialmente nella comunione spirituale della preghiera, nella condivisione della Parola di Dio, nella compartecipazione eucaristica. Questa pienezza di comunione tra Madre e Discepolo segue alla spartizione delle vesti di Gesù, alla sorte tratta sulla tunica, senza cucitura, del Cristo. Il contrasto fra le due scene (divisione, comunione) manifesta l’unità dei fedeli nella Chiesa, membra del Corpo di Cristo.

“… Figliola, Io desidero unione[1]. Il Mio Corpo deve esser unito: sii Mio mezzo di unione fra le Chiese. Non posso sopravvivere se il Mio Corpo viene spezzato. Io, Re della Rivelazione, desidero che Tu (Chiesa) ti unisca con le Tue sorelle, o Mia Santa Sposa…” (Gesù, 09/03/1994)

Come Madre di tutta la famiglia cristiana della Chiesa, Maria SS. ha il compito di conservare l’unità di tutti i suoi figli, da espletare con la preghiera e la testimonianza, come del resto ha fatto conservando l’unità della fede nella famiglia cristiana delle origini. Giustamente il Papa illustra il ruolo di Maria nella fede come parte delle condizioni dell’unità visibile dei cristiani (Ut Unum Sint n.79). Gioiosamente ha siglato l’accordo con le autorità ecclesiali degli assiri orientali. Il Patriarca Mar Dinkha IV e Giovanni Paolo II, dopo accurati studi, sono convenuti nella Dichiarazione comune che non c’è differenza dogmatica tra i due appellativi di Maria detta dagli assiri Christoudochos, cioè Colei che ha accolto il Cristo che è Dio, e dai cattolici Theotocos , cioè genitrice di Dio. Lo Spirito Santo che è anima della Chiesa di Cristo e del movimento ecumenico, colui per il quale Maria ha concepito il Capo del Corpo Mistico, che ha suscitato anche l’appellativo di Madre dell’Unità, lui farà sì che la mariologia non divida più i cristiani, ma li congiunga nella fratellanza con Cristo, che ci viene da Maria.

“… Sono la Regina dell’Unità dei cristiani e vi preparo per il grande giorno in cui tutte le cose cambieranno il loro volto. Pregate, affinché la Chiesa sia una cosa sola, come Io lo sono con Mio Figlio…” (23.01.1996)


[1]
Unità.

Nereo Venturini

Tratto dalla rivista “Popoli” – 1997

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